POESIE PER GAZA: Anna Maria Farabbi


 Diario di un sogno emorragico

 da Gaza al resto del mondo

 di Anna Maria Farabbi


 Le rose esplodono.   Con la bambina in corsa

 che le stringeva in pugno

 portandole ridendo a sua madre.

 Nel sogno la ricompongo.    Piango.

 Divoro i petali   e l’intera primavera.

 Il soldato mi chiede i documenti del mio pellegrinaggio:

 vengo dal petto della madonna del latte

 camminando il solstizio d’inverno l’età della pietra

 e della mia natività. Passata presente e futura.

 Vengo dalla cultura della madre

 che soffia polline fosforico dentro il buio di ogni grotta

 e riconosce uguali ebrei palestinesi preti di cristo

 tu ed io nessuno escluso.   Il tempio

 è il tempo: un’unica cosmica pancia dentro cui nevica.

 O sono falde condensate di latte che scendono ora

 coprendo per pietà il sangue

 tra le rovine e i morti: il soldato mi spara.


 Io sono la bimba o sono la rosa del rogo

 nella striscia infernale di gaza

 durante questo eterno assassinio di massa:

 in nome del padre del nonno del figlio

 del profeta   rabbino papa o patriarca

lanciando il sasso lo sparo   la bomba atomica.

 Io sono una piccola poesia femmina di voce o di carta

 un palmo laico in offerta   contro vento

 contro il delirio dell’io del d/io

 contro la cultura del lutto e del possesso.  


(da Abse, Il ponte del sale, 2013)


*


La poesia è la bambina. La bambina conserva le rose esplose. La bambina  è la rosa. Il grido, la corsa della bambina. I soldati tra le rovine e i morti. La poesia femmina di voce e di carta. In nome del padre del nonno del figlio. (S.A.)

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