Remigio Bertolino
CAMPANE IN VAL CORSAGLIA
a Giovanni che ha suonato le campane della Pra
per Gaza
I
Verso sera
mi sono aggrappato
con tutta la mia forza
alla corda della campana.
«Svegliati» le ho detto.
«È ora!»
I rintocchi volavano
sugli ultimi raggi del sole.
Accendevano le ombre
delle abetaie;
picchiavano ai vetri
delle baite abbandonate;
cercavano a valle
i cuori degli uomini.
Poi, la notte:
silenzi di rocce e pietraie.
Non là, nella terra
di lacrime e fuoco,
un tempo fiorita
dei passi di Cristo.
Là, le madri
vegliano fanciulli scheletriti
su monti di cenere.
«Su, mio amore,
più leggero di un uccellino,
dove vuoi volare?»
E, abbracciati,
non contano le stelle – bombe!
Cieche,
rapaci,
insensate.
II
Il vento della notte
solleva in alto
la luna sull’Alpe.
Nella luce d’argento
il canto dei grilli
brilla
come grani di rosari
tra dita d’erba.
Penso ai bimbi di Gaza
senza luna,
senza sogni.
senza speranza…
“Chi asciugherà
le nostre lacrime?
Quelle nuvole di pece – ali di pipistrello
sui nostri villaggi?
Beviamo sabbia
del deserto.
Il sole ci cuoce
il pane quotidiano
nella conca vuota
delle mani imploranti.
All’orizzonte
ronzano
insetti d’acciaio,
inalberano lunghi pungiglioni
di morte.”
*
Quand'ero piccolo salivo, insieme a mio nonno sagrestano, sul campanile della chiesa madre per suonare le campane la domenica, al termine della messa. Quelle erano campane di giubilo e di festa. Queste, invece, sono campane che annunciano la tempesta, la guerra degli uomini. E ci dicono di un paesaggio disastrato, dove i bimbi non hanno neanche la luna da contemplare e le madri imploranti sono sempre quelle di un Sud bistrattato e derelitto. Perché il Sud è la terra dove nessuna parola buona attecchisce. No, forse solo una, da coltivare con la cura necessaria dei semi appena nati: Speranza. (S.A)

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